Erano davvero tante le aspettative all’annuncio della nuova serie targata Prime Video, ma le promesse dei trailer (e del tam tam mediatico) sono state mantenute?
Carnival Row è uscito ufficialmente in Italia il 30 agosto sul canale in streaming di Amazon con tutte le 8 puntate e i sottotitoli in italiano. La versione doppiata sarà rilasciata sulla stessa piattaforma il 22 novembre 2019. Ma prima di entrare nel merito della serie e rispondere alla domanda del titolo, ecco alcune informazioni sulla serie.
DI COSA PARLA?
Carnival Row è ambientato in un’epoca simil vittoriana con ampi riferimenti allo steampunk. A Burgue – che potrebbe ricordare una Londra oscura – vivono sotto lo stesso tetto umani e creature fantastiche come fate (fae), fauni (puck), centauri, orchi e molti altri. Queste creature sono state costrette a lasciare la loro terra in seguito alla caduta del regno per mano delle forze del Patto e vivono nella città come reietti, oppressi e sfruttati nel quartiere/ghetto di Carnival Row.
L’opinione pubblica è divisa sulla grande presenza di queste creature e in parlamento si svolgono dibattiti accesi, per le strade i Fae e i Puck vengono insultati e picchiati, la polizia ha sempre una scusa per rinchiuderli e non indaga sulle violenze ai loro danni, la maggior parte di loro – quelli più fortunati – lavora come servo dei ricchi e potenti della città.
Il flebile equilibrio tra umani e creature viene però scosso da un terribile fatto di cronaca: una fata viene ritrovata orrendamente assassinata sulle sponde del fiume. Nessuno è interessato a indagare, tranne Rycroft Philostrate, detto Philo (Orlando Bloom), un detective dello Stato di Burgue che è fermamente convinto che tutti – umani e non – abbiano diritto a pari rispetto e ad una indagine seria. A complicare ulteriormente la situazione, arriva in città la fata Vignette Stonemoss (Cara Delevigne), l’ex fidanzata di Philo, che lo crede morto (da 7 anni).
In una città al limite del chaos, Philo si troverà a dover compiere un’indagine molto difficile che lo porterà a scoprire nuove inaspettate verità.
VEDERLO O NON VEDERLO? PRO E CONTRO
L’ambientazione, la fotografia e la scenografia sono eccezionali. Il lavoro fatto per creare visivamente la realtà di Carnival Row è incredibile. L’immersione in questo mondo vittoriano è resa molto semplice dai colori cupi e sporchi, tutti sulle tonalità del “fango”, marroni e verdi scuri, proprio come l’aria pesante che si respira nella città.
L’idea alla base della serie, seppur non così originale, funziona molto bene e risulta una perfetta allegoria del tempi che viviamo. Basta sostituire le creature fatate con gli immigrati e avremo una visione più che precisa di quanto accade nei nostri giorni (nelle prime puntate si assisterà ad un dibattito nel consiglio della città che potrebbe essere facilmente traslato in una seduta del parlamento italiano). Peccato che nel corso delle 8 puntate questo tema – che appare da subito poco velato – tenda a scomparire per dare maggior spazio alle vicende personali dei personaggi e alle indagini per scoprire la verità dietro gli omicidi.
Se le tematiche, l’idea di fondo e le scenografie sono punti forti, non si può dire la stessa cosa degli attori principali: Orlando Bloom e Cara Delevigne. La loro recitazione è piuttosto statica, risultano spesso inespressivi, rigidi e inverosimili. E se con le movenze riescono comunque ad essere sufficienti, non lo sono altrettanto con l’interpretazione vocale: Bloom spinge sulla voce per renderla roca, perdendo di espressività, Delevigne sembra stia leggendo il copione e pecca di spontaneità facendo percepire come finto il suo personaggio. Un difetto questo che probabilmente si risolverà con il doppiaggio (che in Italia abbiamo doppiatori eccezionali) ma chi lo vedrà in lingua originale non potrà che notarlo.
Inoltre, la chimica tra tra di loro, poi, è a dir poco impalpabile.
I due attori non mostrano grande caratterizzazione forse anche a causa di un lavoro superficiale degli autori che avrebbero dovuto andare più in profondità creando personaggi tridimensionali. Se il personaggio di Philo sembra essere leggermente più completo, con Vignette il discorso cambia. La fata, pur promettendole dai trailer un ruolo di primo piano, resta sempre sullo sfondo, è funzionale solo in alcuni momenti e sembra essere stata creata solo per dare un piccolo grattacapo in più al protagonista, un problema – diciamolo – da poco, tanto che Vini (come la chiama l’amica fata) scompare quasi del tutto dalla narrazione per comparire verso la fine non lasciando comunque alcuna impronta nell’immaginario dello spettatore. Un’occasione persa per poter approfondire la storia di un popolo sull’orlo del genocidio e il dolore di una donna abbandonata in mezzo ad una guerra dal proprio amato. I due attori principali risultano, di conseguenza, comparse in una storia più grande di loro (ma che ancora non ci è stata raccontata).
Molto più interessanti e bel delineati alcuni personaggi secondari, in particolare la spocchiosa e viziata ragazza ricca Imogen Spurnrose (interpretata da Tamzin Merchant) e Agreus Astrayon (David Gyasi) un facoltoso puck vicino di casa. Da segnalare anche l’amica di Vignette, Tourmaline Larou (Carla Crome) una fata poetessa che per mantenersi deve fare la prostituta e la moglie manipolatrice del Cancelliere della città, Piety Breakspear (Indira Varma).
Altro aspetto deludente è il finale. Non sorprende che la seconda stagione sia stata rinnovata un mese prima della messa in onda: le 8 puntate sono una sorta di grande premessa, la serie vera sembra che debba ancora partire. Vi tranquillizzo subito: ciò che viene iniziato (l’indagine) viene concluso ma sembra essere davvero una piccola cosa rispetto a tutto il resto e già alla puntata 6 (su 8) vi domanderete come potranno concludere il tutto in così poco tempo. La risposta è semplice: non lo fanno. Un difetto? Sì, notevole, perché quando vorresti davvero entrare nella storia, questa finisce e finisce in un punto che è un inizio di qualcos’altro ma non hai il tempo e il modo di esplorarlo se non nella prossima stagione.
Carnival Row, infine, è un grande e bel baraccone, ma resta comunque una serie acerba, poco approfondita, con personaggi bidimensionali e più attenzione all’estetica che ai contenuti. Gli amanti del genere non potranno che restare delusi da una serie che non riesce a soddisfare altro se non l’occhio che, d’accordo, vuole la sua parte, ma 8 ore sono davvero troppe per lustrarsi solamente gli occhi.
Voto: 6–
Promosso a malapena, confidando in una seconda stagione che risolva i difetti della prima.