Esordio folgorante per lo scrittore americano di origine ghanese Nana Kwame Adjei-Brenyah che arriva in Italia con il suo libro d’esordio “Friday Black” (SUR). I 12 racconti della raccolta sono ambientati in un “presente” distopico e portano il lettore a riflette su temi di estrema attualità, dalle corse allo shopping alla violenza gratuita, dal razzismo alla deriva di una società in crisi di ideali. Una lettura che pone l’attenzione su cosa sia veramente importante e quanto siamo consapevoli delle conseguenze delle nostre azioni.
“Friday Black si apre con il racconto più scioccante, attuale e spaventoso dell’intera raccolta: “I 5 della Finkelstein“. Un uomo viene assolto dall’accusa di omicidio dopo aver trucidato 5 bambini di colore mentre usciva dalla biblioteca con i suoi due figli perché “si sentiva minacciato” da loro. A nulla valgono le prove, tra cui quella che la più piccola, di soli 7 anni, sia stata rincorsa e uccisa a distanza dal luogo in cui l’uomo si trovava con i figli. Questo gravissimo fatto e l’ingiusta assoluzione del colpevole danno il via ad una serie di vendette verso “i bianchi” in cui viene coinvolto anche il protagonista, Emmanuel. Il ragazzo, che è anche la voce narrante, vive una vita continuamente sull’attenti, regolando quotidianamente il suo “indice di nerezza” per sopravvivere in un mondo dove il colore della pelle è già di per sé una minaccia. La strage ha anche su di lui un forte impatto e verrà coinvolto in una rappresaglia, ma come deciderà di comportarsi?
Inquietudine anche per il racconto “Dopo il lampo” che chiude la raccolta: la storia di una ragazzina che vive la stessa giornata, in un loop eterno, in seguito ad un’esplosione nucleare. In questo terribile contesto, cosa diventa davvero importante?
Nel mezzo, racconti sorprendenti (come il secondo, ambientato in un vero futuro distopico tecnologicamente super avanzato) e sempre pieni di stupore, mai scontati e dai risvolti inusuali, conducono il lettore in diversi mondi possibili, molti dei quali hanno inquietanti riscontri nella nostra realtà. “Mi piace usare quella che chiamo «l’iperbole del possibile» – ha dichiarato l’autore in questa intervista – quella che ti fa pensare: «Ma in fondo questo scenario è così lontano dalla verità?» D’altro canto, per me è anche importante che in certi casi i racconti abbiano ambientazioni del tutto familiari, perché a volte il mondo così com’è è già abbastanza assurdo, abbastanza caotico, da consentirmi di far passare l’idea che voglio esprimere“.
In fondo, ciò che più colpisce della raccolta sono i livelli di lettura: apparentemente si potrebbe pensare solo ad una critica sociale della condizione delle persone di colore ( “I 5 della Finkelstein”) al consumismo sfrenato (“Venerdì Nero”, “Come vendere un giaccone secondo il Re dei Ghiacci”), dal pericolo di essere ridotti ad automi a causa della tecnologia (“L’Era”) fino alla fine del mondo come lo conosciamo (“Dopo il lampo”), dalla frustrazione nel dover effettuare un lavoro alienante (“Nel commercio al dettaglio”) alla consapevolezza delle decisioni prese alla leggera (“Lark Street”). Ad una lettura più attenta possiamo notare, però, come ogni protagonista abbia in mano la chiave di una scelta.
Racconti che lasciano nel lettore un forte senso di speranza. Non una speranza cieca ma una speranza che porta con sé il coraggio di fare scelte a volte anche difficili con la consapevolezza, però, di poter cambiare il presente.
Infine, racconti come “Friday Black” pongono l’attenzione su qualcosa che oggi ci sfugge: la responsabilità. Troppo spesso prendiamo decisioni senza interrogarci sulle conseguenze, senza immaginare a cosa potremmo andare in contro, sottovalutando la portata delle scelte che compiamo. A volte ignorare le conseguenze è volontario, altre è semplicemente voler mettere la testa sotto la sabbia sperando che i problemi e le difficoltà scompaiano da sole. Spoiler: non succede mai.
Una raccolta di racconti che apre gli occhi verso ciò che di assurdo ci circonda, spingendo il lettore insieme ai protagonisti a porsi domande, a cercare risposte, a mettere a fuoco cosa sia davvero importante e, soprattutto, ad agire e non restare in balia degli altri.
“Mi piace pensare che ci sarà un tempo in cui il mondo, guardandosi indietro, ricorderà quest’epoca con disgusto. Invece di scrivere di quel mondo, del mondo che spero verrà, spesso voglio scrivere del mondo verso cui pare che stiamo andando, dove le macchine da guerra diventano sempre più potenti e spietate e sempre più persone accettano la brutalità come un dato di fatto della vita. L’idea è di creare questi mondi – mondi a cui spero e immagino che la maggior parte dei lettori opporrà resistenza, mondi che li faranno rabbrividire – e quindi evidenziare sotto quali aspetti forse abbiamo già raggiunto il triste futuro che descrivo“.
[Estratto da questa intervista]
Nana Kwame Adjei-Brenyah è nato a Spring Valley, nel nord dello stato di New York, da immigrati di origine ghanese. È stato allievo di George Saunders all’Università di Syracuse, dove oggi insegna a sua volta scrittura creativa. Nel 2018 è stato selezionato da Colson Whitehead come uno dei «5 Under 35», il riconoscimento con cui la National Book Foundation segnala i 5 migliori esordienti statunitensi sotto i 35 anni.
1 commento il Friday Black: il presente distopico di Nana Kwame Adjei-Brenyah
I commenti sono chiusi.