Domani, 27 gennaio, è il “Giorno della Memoria”, una ricorrenza internazionale istituita come giornata per commemorare le vittime dell’Olocausto. Numerose sono le iniziative volte a “non dimenticare” l’enorme genocidio perpetrato prima e durante la II Guerra Mondiale. Il libro di cui vi parlo oggi va oltre la volontà di non scordare quanto successo, ha l’obiettivo di ricordare le vittime, chi erano, cosa facevano, dove abitavano, perché i circa 15 milioni di morti aveano un nome, una storia, una vita. Magari abitavano nella nostra via, nelle nostre città, erano conoscenti.
“Ultimo domicilio conosciuto” (Morellini Editore) nasce da un’incontro di idee e di volontà. Andrea Tarabbia, il curatore, racconta di come sia letteralmente incappato nelle Pietre d’Inciampo, un’iniziativa dell’artista tedesco Gunter Demnig, che consiste nell’incorporare, nel selciato stradale delle città, una piastra di ottone con le generalità conosciute della vittima, in prossimità della sua ultima abitazione. Queste targhe sono rialzate di alcuni millimetri, per far sì che le persone “inciampino” in esse costringendole a guardare e ricordare.
“Quando gli amici della Bottega Finzioni di Bologna mi hanno proposto di tenere un corso non ho avuto dubbi: avrei fatto qualcosa sulle Pietre d’Inciampo”.
[Tratto dalla prefazione di “Ultimo domicilio conosciuto”]
Nasce così una ricerca sulle Pietre d’Inciampo posate a Reggio Emilia (a Bologna non ce ne sono) che grazie ai documenti depositati presso l’Istoreco (Istituto per la Storia della Resistenza e della società contemporanea) ha consentito agli autori dei 13 racconti di ricostruire – chi con più dettagli, chi con meno – le storie di altrettante vittime. 15 persone che hanno perso la vita in seguito a una delle pagine più brutte della storia mondiale. Un libro che si propone non solo di “non dimenticare” ma, soprattutto, di “ricordare” chi erano queste persone, di dargli una nuova vita – sebbene solo di carta – e di tornare, seppur in maniera simbolica, alla loro ultima dimora.
Un’iniziativa davvero molto interessante di cui abbiamo parlato con lo scrittore Andrea Tarabbia che ha curato il laboratorio di Bottega Finzioni e ha seguito gli autori nelle ricerche prima e nella pubblicazione del libro poi.
Le pietre d’inciampo sono dei sampietrini dorati che l’artista tedesco Gunter Demnig impianta nelle città del mondo in corrispondenza dell’ultimo domicilio conosciuto di una persona deportata in un lager nazista. Sulla sua superficie solo nome e cognome, data e luogo di nascita, data e luogo di morte. I passanti, inciampando sulla pietra e sulle ombre oscure della Storia, sono costretti a fermarsi. Costringono a ricordare.
Anche la letteratura è un mezzo attraverso il quale si ricorda e si testimonia. Gli autori di questa antologia hanno “adottato” ciascuno una pietra, hanno condotto ricerche sulle carte e i documenti che testimoniavano la vita della persona che era loro in affido e hanno immaginato di poterla raccontare. Ci sono, in questo libro, storie di persone sole e storie famigliari, storie di ebrei e di militari, di collaborazionisti e di bambini; ci sono storie crude, altre che hanno toni più elegiaci o buffi (sì, si può fare su questi temi anche una letteratura che, all’apparenza, è leggera); ci sono storie raccontate dal punto di vista della vittima o di chi le stava accanto. C’è l’idea, forse, di poter riportare in vita, nel breve spazio di un racconto, chi non c’è più.
Titolo: Ultimo domicilio conosciuto. Tredici storie sulle Pietre d’inciampo
Autore: AA.VV. a cura di Andrea Tarabbia
Editore: Morellini Editore
Collana: I Minolli
Pagine: 216
Prezzo: E.14,90 cartaceo (E. 12,67 su Amazon)
Data di uscita: 08 gennaio 2018
Di seguito trovate l’intervista ad Andrea Tarabbia sulla raccolta “Ultimo domicilio conosciuto. Tredici storie sulle Pietre d’Inciampo” appena uscito per Morellini Editore.
Eugenia Ragnoli, Silvia Pelati, Michele Monni, Antonella Gullotta, Agnese Gorgolini, Leonardo Foriglio, Ferdinando Cerrato, Silvia Cadonici, Antonio Bria, Laura Ballestrazzi, Vanni J. Balestra, Mattia Frigeri, Stefano Accorsi, Andrea Settembrini.
Andrea Tarabbia nasce in provincia di Varese nel 1978. Ha pubblicato i romanzi La calligrafia come arte della guerra (Transeuropa, 2010), Marialuce (Zona, 2011) e Il demone a Beslan (Mondadori, 2011), il saggio Indagine sulle forme possibili (Aracne, 2010) e l’e-book La patria non esiste (Il Saggiatore, 2011). Nel 2012 ha curato e tradotto Diavoleide di Michail Bulgakov per Voland ed è uscito Il cimitero degli anarchici (Franco Angeli), un libriccino scritto per l’Archivio di Stato di Regione Lombardia. Nel 2013 è uscito il racconto La ventinovesima ora, pubblicato in versione e-book nella collana Mondadori Xs. Nel 2014 ha pubblicato per Manni un reportage, a metà tra il saggio e l’autofiction, sull’eutanasia: si intitola La buona morte. Nel 2015 è uscito il romanzo Il giardino delle mosche (Ponte alle Grazie). Vive a Bologna con moglie e figlio.