E’ uscito a fine novembre La Figlia del Nord, una favola senza tempo, retelling del più famoso “East of the Sun, West of the Moon”, firmata da Edith Pattou (Nord).
Protagonista del romanzo, una ragazza dal temperamento forte e dalla sconfinata passione per il viaggio e le scoperte, coraggiosa e pura come la neve e il ghiaccio, onnipresenti in questo magico romanzo adatto anche al periodo dell’anno in cui ci troviamo. Insieme a lei una carrellata di personaggi, a partire dal misterioso Orso Bianco, all’adorato fratello Neddy, all’affettuoso padre fino alla superstiziosa madre Eugenia.
Il problema di amare una forza della natura è che ti tocca stare a guardare, impotente. [Neddy]
Titolo: La Figlia del Nord
Titolo originale: East
Autore: Edith Pattou
Traduttore:
Editore: Rizzoli
Collana: Ragazzi
Pagine: 492
Prezzo: 16,90 cartaceo (E. 14,36 su Amazon)
Data di uscita: 26 novembre 2014
Rating: [yasr_overall_rating size=”medium”]
Ultima di otto fratelli, Rose è da sempre lo spirito inquieto di famiglia, quella impossibile da chiudere tra quattro pareti perché nei pensieri ha sempre l’orizzonte lontano, e il cammino per raggiungerlo. In fondo, che il viaggio fosse nel suo destino lo dicevano anche le stelle sotto cui è nata, nonostante l’inganno tessuto sui suoi natali dalla superstiziosa madre. E così, quando la sorella si ammala, e un gigantesco orso si presenta alla sua porta promettendo di farle salva la vita se Rose lo seguirà, la ragazza accetta volontariamente di seguirlo. Non sa ancora di essere entrata in un mondo dove la magia esiste, e così le antiche maledizioni a principi colpevoli di aver rifiutato suscettibili regine…

La prima cosa che colpisce di questo romanzo è la copertina. Il disegno è realizzato dall’illustratore bielorusso Anton Lomaev, un artista in grado di conferire una dimensione onirica a qualsiasi sua opera. Ed è esattamente questa la sensazione che regna ne La Figlia del Nord, una storia senza tempo, intessuta nelle trame del sogno, della fiaba e delle leggende popolari.
Ed è infatti ad una di queste – A Est del Sole e a Ovest della Luna – che Edith Pattou ha attinto per raccontare la storia di Rose. Ultima di 8 fratelli nasce in una famiglia piena di affetto, a partire dall’amato fratello Neddy che appena l’ha vista se ne è subito sentito responsabile, quasi fosse stato lui a darla al mondo e non la madre, una donna particolare e molto sensibile alle tradizioni che, talvolta, rischiano di sfociare in vere e proprie superstizioni. Come la posizione del bambino in base al punto cardinale in cui è rivolta la madre al momento della nascita. Eugenia, infatti, è stata molto chiara al momento del matrimonio: saranno 7 i figli, come i punti cardinali ad esclusione del Nord perché i nati sotto questa egida sono particolari e votati al viaggio. Così quando nasce l’ultima bambina la madre barerà con se stessa e barerà sulla posizione esatta. Ma il destino pare essere più forte:
Il primo regalo che Rose ricevette fu un paio di morbidi stivaletti di pelle di renna. Li aveva portati Torsk, il nostro vicino di casa. Mentre li allacciava ai piedini di Rose con le grandi mani callose, vidi che mia moglie Eugenia, si era incupita ma cercò di non darlo a vedere girando la teta dall’altra parte. (…) Quasi tutti i vicini sapevano quanto Eugenia fosse superstiziosa. Sapevano anche che il primo regalo che si fa a un bambino è carico di significato. Ma Torsk allegro e generoso com’era, non se ne curava.
«Le vanno bene» commentò con un gran sorriso.
Io annuii e poi dissi, in un vago tentativo di metterlo in guardia: «E’ il primo regalo di Rose.»
Il suo sorriso si fece ancora più largo. «Ah, perfetto!»
Poi un pensiero gli attraversò la mente. «Sarà una viaggiatrice, un’esploratrice!» disse con entusiasmo. (…)
Eugenia a quel punto non provò nemmeno a nascondere il suo disappunto e io mi preoccupai di quello che avrebbe potuto dire. (…)
A Eugenia piaceva tenersi i bambini sempre vicini, ma presto fu chiaro che questo valeva specialmente per Rose. [Padre]
Passaggi come questo sono frequenti nel libro e aiutano a riconciliarsi con il passato, con quei racconti popolari che ognuno di noi ha nel cuore, fiabe che raccontano di Re e Regine, di principi e maledizioni, di magia e potere dell’amore.
I temi trattati ne La figlia del Nord sono molteplici, ma quello forse più importante è la libertà. Rose nasce libera e come tale vuole rimanere. Libertà che non significa ribellione né voler oltrepassare i limiti, semmai esplorarli – i limiti – sentirsi a proprio agio con la natura, prendere decisioni, essere responsabili di quel che si è e quel che si fa.
Potrei anche dire che da piccola, quando mi cacciavo nei guai e tutti i giorni portavo mia madre sull’orlo della pazzia, poi provavo un senso di colpa o di vergogna. Ma la verità è che non ho mai sentito né l’una né l’altra. Non penso che fosse perché ero egoista o indifferente. Semplicemente non riuscivo a capire perché tutti dovessero fare tante storie. Cosa vuoi che sia qualche goccia di sangue o un osso rotto ogni tanto?
Non lo facevo apposta a disubbidire. Però non riuscivo a tener fermi i pensieri, e nemmeno i piedi. [Rose]

Colpisce anche il sentimento del padre, non solo nei confronti di Rose ma di tutti i suoi figli che, alla nascita, omaggia con un disegno personalizzato della Rosa dei Venti che ne rappresenta la vita e il futuro. Un uomo che non si ferma di fronte agli ostacoli ma lotta per la propria famiglia, per ognuno di loro, che è disposto ad andare contro la moglie se si rende conto che sta sbagliando ma disposto a perdonare quando si è davvero pentiti.
La caratterizzazione dei personaggi è realizzata molto bene grazie alla struttura scelta dall’autrice: tutti i punti di vista dei personaggi principali sono sviluppati in prima persona, per questo il lettore impara a conoscerli molto bene, ad entrare dentro la loro psicologia. Un sistema – quello dei diversi punti di vista – che spesso rischia di appesantire e rallentare la lettura e che invece qui è realizzato in maniera impeccabile seguendo la linea logica degli eventi, narrati di volta in volta da un personaggio diverso. L’autrice stessa ha spiegato di aver avuto non poche difficoltà durante la stesura, ma possiamo assicurarvi che è riuscita perfettamente nell’intento:
Quando cominciai a scrivere il mio La Figlia del Nord, avevo appena finito di leggere The Poisonwood Bible di Barbara Kingsolver. Avevo molto apprezzato la sua trovata delle voci diverse che raccontano la storia, e ho pensato che sarebbe stato bello fare lo stesso. (E devo dire che è stata una bella sfida. Una sfida in fase di scrittura, perché ogni voce doveva essere diversa dall’altra; ma soprattutto in fase di editing, perché a quel punto bisognava renderle tutte fluide alla stessa maniera. A un certo punto mi sono trovata con il grande tavolo del seminterrato pieno di fogli, per tenere sott’occhio i vari filoni della storia.)
Lo stile di scrittura è quello classico della fiaba, semplice nella struttura e articolato nella ricostruzione di un mondo fantastico non del tutto avulso dalla realtà, arricchito dalle storie e credenze popolari nordiche. Caratteristiche che rendono questa, una storia senza tempo e senza spazio grazie anche all’uso di termini datati per indicare gli stati europei (Njord per Norvegia, Fransk per Francia, Anglia per Inghilterra, etc) che non fanno altro che rendere ancora più magica e ovattata l’atmosfera del libro.

Probabilmente vi chiederete come mai abbia dato 4 stelline e non 5. Quella stellina che manca alla perfezione è dovuta al fatto che il libro sembra spezzato in due, la vita prima dell’Orso Bianco e la vita dopo, con una concentrazione maggiore verso gli eventi a discapito della particolarità della protagonista. In realtà La Figlia del Nord è diviso in 5 sezioni, non tutte ugualmente avvincenti. La prima parte, quella che riguarda l’infanzia di Rose, è la più ricca di elementi originali che esulano dal racconto cui trae ispirazione, mentre la quarta riguarda la ricerca dello sfortunato principe ed è decisamente più lenta (del resto la protagonista passa settimane intere nel nulla del ghiaccio artico senza una meta precisa). Questa parte dà l’impressione che l’autrice abbia voluto allungare il romanzo probabilmente per far percepire al lettore la lunga ed estenuante ricerca di Rose ma davvero non era necessario, già era riuscita a rendere l’idea e accorciarlo un po’ avrebbe reso più agile la lettura, spazio che poteva dedicare all’ultima parte rendendola più approfondita e meglio sviluppata.
Tutto ciò non toglie che ci troviamo davanti ad un libro da leggere e regalare, un romanzo dolce e delicato, in grado di riportare chiunque all’infanzia e a quando la nonna d’inverno, nel caldo delle coperte ci raccontava una storia, prima di dormire.
Consigliato agli animi romantici, che non hanno mai smesso di amare le fiabe.
Voto a fine lettura: [yasr_overall_rating size=”medium”]
Edith Pattou è nata a Evanston, Illinois, e ha studiato letteratura inglese. È sposata e ha una figlia. La figlia del Nord, che le è valso numerosi riconoscimenti, si ispira a un’antica fiaba nordica, spunto anche della celebre La Bella e la Bestia.
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